Che l’aria della Pianura Padana non fosse particolarmente salubre non era certo un segreto, eppure i dati raccolti da Legambiente nel suo annuale report Mal’Aria sono anche più sconfortanti del previsto: tutte le 36 città capoluogo di provincia di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno oltrepassato i limiti stabiliti per legge per almeno uno degli inquinanti in atmosfera più pericolosi per la salute dell’uomo durante l’anno appena concluso.
Nel 2017 sono state in tutto 39 le città capoluogo italiane in cui si è superato per più di 35 giorni il limite di concentrazione di 50 μg/m3 (microgrammi per metro cubo) di polveri sottili (PM10), mentre 44 sono quelle in cui si hanno avuti valori di ozono superiori al limite di legge per oltre 25 giorni. 31 città sono presenti in entrambe le classifiche: oltre a Frosinone e Terni, vi sono 29 città padane, comprese tutte le città emiliano-romagnole (ad eccezione di Forlì che è rimasta entro i limiti per le PM10).
Questa situazione di inquinamento cronico della Valle del Po comporta altissimi costi indiretti per tutta la sua popolazione: l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) stima che in Italia ogni anno l’inquinamento atmosferico causa oltre 60.000 morti premature, e danni totali alla salute dell’uomo per circa 100 miliardi di Euro. Solo le città dell’Est Europa fanno peggio di noi. Guardando invece ai paesi “motori” dell’economia europea (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna ed Italia), troveremo Torino, Milano e Napoli ad occupare il podio delle città più inquinate, con concentrazioni di PM10 medie annue giornaliere rispettivamente di 39, 37 e 35 μg/m3. Le grandi capitali come Londra, Berlino, Madrid si fermano attorno ai 20 μg/m3, mentre anche Roma è presente nella top ten con 28 μg/m3, come Parigi (che però ha il triplo degli abitanti!).
I costi dell’inquinamento li paghiamo anche sotto forma di procedure di infrazione aperte dalla Commissione Europea nei confronti degli stati membri che non si adeguano alle direttive e alle leggi comunitarie. Qualche giorno fa la Commissione Europea ha convocato a Bruxelles il nostro Ministro dell’Ambiente, assieme ai suoi omologhi di Repubblica Ceca, Germania, Spagna, Francia, Ungheria, Romania, Slovacchia e Regno Unito, per porci di fatto di fronte ad un ultimatum: o si prendono misure concrete per adeguarsi alle richieste europee, oppure scatta l’infrazione e il deferimento alla Corte di Giustizia Europea. Sarebbe la quarta volta che l’Italia incappa in un’infrazione sul tema dell’inquinamento atmosferico: due le procedure tuttora aperte, mentre una venne archiviata proprio con la promessa, mai mantenuta, di un adeguamento legislativo.
Serve insomma un deciso cambio di passo, sia a livello di azioni programmatiche che di pratiche messe in atto. Le quattro grandi regioni padane hanno sottoscritto con il Ministero dell’Ambiente un Accordo di Programma per l’Adozione Coordinata e Congiunta di Misure per il Miglioramento della Qualità dell’Aria nel Bacino Padano, che si spera porterà ad effettivi risultati una volta messo in atto in maniera completa ed adeguata. In Emilia-Romagna, dallo scorso aprile abbiamo il Piano Aria Integrato Regionale (PAIR), lo strumento con cui la Regione ha declinato sul proprio territorio l’Accordo di Programma. Come abbiamo visto in precedenti occasioni, sono già state adottate le prime misure concrete per l’attuazione del PAIR, con l’obiettivo di ripristinare i limiti di legge per la qualità dell’aria entro il 2020.
Serve però un cambiamento a livello di azioni quotidiane anche da parte dei cittadini, soprattutto per quanto riguarda la mobilità. Circa il 50% delle sostanze nocive che troviamo in atmosfera provengono dalla combustione dei carburanti fossili nei motori dei veicoli. A contribuire maggiormente alle emissioni sono soprattutto i motori diesel, che restano diffusissimi nonostante i recenti scandali al riguardo, mentre un ulteriore limite tutto italiano riguarda l’elevata età media dei veicoli circolanti, superiore ai 20 anni. Occorrerà avviarsi con decisione verso una mobilità dolce, basata sul ciclo-pedonale e sull’elettrico, incentivando dall’alto con i giusti interventi (piste ciclo-pedonali, bike sharing, car sharing, rafforzamento delle reti del trasporto pubblico locale, installazione di punti di ricarica diffusi sul territorio per i veicoli elettrici…) una modifica dei nostri stili di vita quotidiani meno sostenibili.
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