Come è ormai consuetudine ricorrente, i media hanno dedicato ampio spazio, nelle giornate a cavallo fra anno vecchio ed anno nuovo, agli aumenti in arrivo per la spesa media delle famiglie italiane a partire dal primo di gennaio: autostrade, trasporti pubblici, sacchetti in plastica, ma anche bollette.
Quasi sempre la sola voce che viene presa in considerazione è quella delle associazioni per la tutela di cittadini e consumatori, che tendono ad enfatizzare le incombenti stangate dei prezzi per le famiglie senza però soffermarsi mai troppo sull’analisi delle motivazioni che stanno dietro a quegli aumenti, finendo con l’alimentare una generale sensazione di sconforto ed incertezza anziché offrire un’informazione esaustiva.

Ciò non toglie che i rincari ci siano, e per giunta notevoli: l’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI) parla chiaramente di un aggiornamento dei prezzi di riferimento nei servizi di tutela per famiglie e piccoli consumatori per cui nel primo trimestre del 2018, una famiglia tipo italiana (con consumi medi annui di elettricità per 2700 kWh e di gas per 1400 metri cubi) spenderà il 5% in più per le forniture di gas e il 5,3% in più per le forniture elettriche. La stessa AEEGSI individua ed illustra nel dettaglio i fattori che hanno comportato tali aumenti.

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Nel caso del gas naturale si tratta quasi esclusivamente di un aumento dei costi per la materia prima dovuta alla maggior richiesta invernale, quindi un aumento di fatto fisiologico connesso all’andamento del mercato che potrebbe poi riallinearsi verso il basso già in primavera. Nel 2017 per esempio, i prezzi del gas erano aumentati del 4,7% nel primo trimestre dell’anno (quindi con un’oscillazione in linea con il +5% del 2018), per poi registrare un -2,7% ed un -2,9% nei due successivi trimestri.

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Più interessante invece il discorso relativo all’aumento del costo dell’energia elettrica: il +5,3% ha fatto schizzare il prezzo sopra i 20 centesimi a kWh, soglia mai raggiunta in precedenza. L’AEEGSI ha individuato ben nove diversi fattori che in concomitanza hanno contribuito ad un forte aumento dei prezzi all’ingrosso in autunno. Fra questi nove fattori, ve ne sono tre in particolare su cui è bene soffermarsi e riflettere più a fondo: la minor produzione di energia idroelettrica, la crisi delle centrali nucleari francesi e l’aumento degli incentivi per le grandi imprese energivore.

Il 2017 è stato l’anno meno piovoso degli ultimi due secoli, con grossi problemi di carenza d’acqua su tutto il territorio italiano che hanno portato ad un crollo della capacità produttiva di energia idroelettrica (che solitamente contribuisce attorno al 15% della produzione totale nazionale), calmierato ricorrendo ad un aumento di produzione delle centrali a gas.
Considerando che queste alterazioni del ciclo delle acque e delle piogge è uno dei segnali più preoccupanti dei cambiamenti climatici in atto, siamo un po’ di fronte al classico cane che si morde la coda: le emissioni in atmosfera alterano il clima, per cui piove meno, per cui non possiamo più produrre abbastanza energia idroelettrica, per cui dobbiamo produrre più energia nelle centrali a gas, producendo ulteriori emissioni e via dicendo, in un circolo vizioso in cui alla fine tutti perdono, inclusi i consumatori che sono costretti a pagare di più.

Nel frattempo in Francia numerosi impianti nucleari, principale fonte di energia del paese, sono stati bloccati perché troppo vecchi e a rischio sicurezza, con conseguente scarsità di energia sulla rete francese e aumento dei costi sul mercato.
L’Italia importa una buona quota di energia elettrica proprio dalla Francia, e negli ultimi mesi l’ha dovuta pagare ben più cara rispetto agli anni scorsi.
Purtroppo siamo ancora ben lontani dall’autosufficienza energetica nazionale, e il nostro continuo bisogno di acquistare energia dai paesi confinanti ci mette in balia di dinamiche di produzione e di mercato che non possiamo minimamente controllare. Investire in maniera convinta sull’autoproduzione da fonti rinnovabili può davvero fare la differenza per il nostro paese e per le nostre tasche.

Infine un ultimo tasto dolente: l’aumento delle agevolazioni per le imprese energivore, introdotto con la Legge n. 167 del 20/11/2017, per cui le aziende che consumano grandi quantità di energia elettrica possono godere di ulteriori sconti sulle proprie fatture rispetto al passato, mentre i mancati introiti derivanti vengono ripartiti nelle bollette degli altri utenti sotto la voce degli oneri generali di sistema.
In pratica ogni utenza domestica pagherà qualche Euro in più all’anno in bolletta per permettere alle grandi imprese di ottenere sconti anche milionari sui propri consumi. In questo modo, fra incentivi per energivori e sussidi alle fonti fossili, rischiamo un sistema ai limiti della schizofrenia, dove da un lato si stringono i vincoli ambientali e si incentivano i virtuosi, ma dall’altro i “grandi inquinatori” hanno la facoltà di scaricare i propri costi sulla cittadinanza. Una valida alternativa potrebbe essere chiedere a queste imprese di autoprodursi almeno una parte del proprio fabbisogno energetico, in modo da diminuire i costi senza però contribuire all’aumento delle tariffe per tutti.