padaniaclassics445-e1434989978978 Anche se spesso ce ne dimentichiamo, il suolo, così come l’acqua, è una risorsa indispensabile, ma soprattutto limitata, nel tempo e nello spazio. La superficie terrestre infatti ha una determinata estensione che non potrà certo aumentare in futuro, anzi: le prospettive ci dicono che i cambiamenti climatici in atto ci toglieranno ulteriormente spazio vitale utile, per l’innalzamento degli oceani o per l’avanzamento dei deserti. Inoltre, i processi fisici e chimici che permettono la generazione di un substrato fertile per la vita sono particolarmente lunghi, su scale temporali di millenni. Ogni metro quadrato di suolo perso rischia di essere insomma perso per sempre.

Sempre più frequentemente sentiamo parlare del consumo di suolo come di una delle più gravi e sottovalutate emergenze ambientali dei nostri giorni, soprattutto in Italia. Purtroppo a livello politico non si è ancora riusciti in maniera efficace a porre un freno all’indiscriminata cementificazione che ha caratterizzato per decenni le politiche territoriali del nostro paese. Sono però attualmente in discussione alcune nuove leggi che per la prima volta potrebbero portare a qualche piccolo passo avanti.

È stata l’Unione Europea per prima ad affrontare il tema della difesa del suolo, con una specifica Direttiva Comunitaria già nel 2006, ma soprattutto con il 7° Programma d’Azione Ambientale, approvato nel 2013, che richiede esplicitamente agli stati membri il raggiungimento dell’obiettivo “consumo netto di suolo pari a zero entro l’anno 2050”.

Di conseguenza anche in Italia qualcosa si è lentamente mosso. Un primo disegno di legge è stato proposto nel 2014 su iniziativa diretta dei Ministeri di Ambiente, Politiche Agricole, Beni Culturali, Trasporti, Economia e Affari Regionali: approvato alla Camera nella primavera del 2016, giace però fermo in Commissione al Senato da oltre un anno.

Nel testo del DDL si sottolinea il valore del suolo come bene comune indispensabile, promuovendo riuso e rigenerazione urbana e limitazione del consumo di suolo come principi fondamentali in materia di governo del territorio, recependo quindi il vincolo imposto dalla UE dell’obiettivo zero. Per il raggiungimento dell’obiettivo, il DDL propone l’istituzione di alcuni strumenti interessanti, come i registri comunali degli edifici e delle aree inutilizzate e abbandonate,  che dovrebbero fare da supporto integrativo in ambito di pianificazione territoriale, nonché la possibilità di promuovere il recupero degli spazi inutilizzati attraverso incentivi economici di varia natura.

Se da un lato questo DDL rappresenta un buon punto di partenza, la proposta nasconde in realtà diversi punti critici e potenziali limiti riguardo la sua effettiva efficacia. In particolare, le opere considerate di pubblica utilità, l’ampliamento di attività produttive esistenti e gli interventi in aree rurali connessi ad attività agricole vengono completamente escluse dal computo del suolo consumato, diventando di fatto attività in deroga all’obiettivo zero che lo stesso DDL si prefigge.

padaniaclassics4810Non va molto meglio a livello regionale. L’Emilia-Romagna già nel 2000 si era dotata di una Legge Regionale in materia di governo del territorio (la LR. 20/2000) considerata particolarmente all’avanguardia, al punto da essere presa ad esempio da altre regioni italiane. Da qualche anno si è iniziato a lavorare su una nuova legge più calibrata alle esigenze attuali: i PSC e i PRG oggi in vigore infatti sono stati elaborati sulla base di stime di un mercato immobiliare in piena espansione, e permetterebbero quindi un’urbanizzazione e un ulteriore consumo di suolo assolutamente sovradimensionati alle nuove esigenze post-crisi.

La nuova legge attualmente in corso d’approvazione propone l’introduzione di un nuovo strumento unico di governo del territorio, chiamato Piano Urbanistico Generale (PUG), e un limite all’aumento del territorio attualmente urbanizzato del 3% massimo entro il 2050 (che significa che nei prossimi 30 anni circa si potrà urbanizzare non più di 70 km2 di territorio attualmente non cementificato). Ricalcando il progetto della legge nazionale, anche in questo caso escono dal vincolo del 3% tutte le opere pubbliche, tutti gli insediamenti produttivi “di interesse strategico”, tutti gli ampliamenti di insediamenti produttivi già esistenti e tutti i fabbricati rurali di imprese agricole. Si prevedono inoltre contributi regionali, incentivi fiscali e la semplificazione delle procedure burocratiche per gli interventi di efficientamento energetico e adeguamento sismico in un’ottica di incentivo alla rigenerazione urbana.

padaniaclassics346Ci troviamo ad un crocevia particolarmente importante del percorso verso la tutela del suolo e il governo del territorio, dove un obiettivo di stop alla cementificazione finalmente riconosciuto sulla carta come indispensabile si incrocia con strumenti operativi politici che lasciano troppi margini di dubbio riguardo la loro reale efficacia. Eppure mai come oggi risulta necessario evitare di indugiare ulteriormente in materia: il perché lo scopriremo più nel dettaglio nel prossimo articolo.

ALTRE FONTI: G. Bollini; “Affrontare il consumo. Di suolo.”; da QualEnergia, numero 3 (giugno-luglio), anno 2016, pp. 59-62

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