Gli scienziati del Global Carbon Project, l’organizzazione fondata nel 2001 per approfondire il ciclo del carbonio e le sue implicazioni sul surriscaldamento terrestre, hanno pubblicato il rapporto Carbon Budget 2016 (qui la presentazione in inglese). 

Dalle analisi effettuate emerge che per il terzo anno consecutivo, le emissioni globali di CO2 rimarranno sostanzialmente piatte, con una modestissima crescita del +0,2% in confronto ai dodici mesi precedenti, come si può vedere dal grafico sotto riportato.

grafico1_0

Secondo le stime preliminari, il 2016 si chiuderà confermando la tendenza già osservata nel 2014-2015, vale a dire con un disaccoppiamento (decoupling) tra crescita economica internazionale (+3% circa) e andamento delle emissioni di gas serra.

Buona parte di questo risultato è attribuibile alla riduzione dell’inquinamento atmosferico in Cina e Stati Uniti, grazie soprattutto al minore utilizzo di carbone. Questi due paesi, lo ricordiamo, sono i principali responsabili delle emissioni antropogeniche di CO2: insieme rappresentano il 45% circa del totale mondiale.

Questi dati vanno letti in chiaroscuro perché si prestano a essere variamente interpretati. Da un lato, è una buona notizia che ci sia sviluppo economico senza una contemporanea crescita esponenziale della CO2.

Dall’altro, va detto che la concentrazione di anidride carbonica è stabilmente sopra 400 parti per milione, un livello mai riscontrato dall’epoca preindustriale. Inoltre, il livello attuale della CO2 è del 63% più elevato rispetto al 1990.

Degli effetti dei cambiamenti climatici ne abbiamo parlato anche recentemente in questo articolo, nel quale abbiamo presentato il docu-film di Leonardo di Caprio “Before the flood – Punto di non ritorno”.

La prima domanda che tutti i climatologi si pongono, allora, è se le emissioni di CO2 abbiano raggiunto il picco e siano destinate a diminuire. Gli scienziati del Global Carbon Project però invitano alla prudenza: è presto per trarre conclusioni, perché uno stop alla crescita è molto diverso da un vero declino.

Ad essere sotto i riflettori nei prossimi mesi saranno quindi le dichiarazione del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, le cui politiche sul tema dei cambiamenti climatici vanno in direzione opposta rispetto a quelle del suo predecessore Obama. Il primo banco di prova sarà valutare l’effetto Trump sulla COP 22, la conferenza mondiale sul clima, in svolgimento in questi giorni a Marrakech.